SANTA O SGUALDRINA

Santa o sgualdrina. Essere donna in Italia” di B. Bachmann e F. Gilli

Se un libro può aiutare a pungolare le coscienze e a non subire in maniera acritica il peso della cultura che ci avvolge, il contributo di Barbara Bachmann e di Franziska Gilli può essere senz’altro considerato come uno strumento prezioso per interrogarci sugli stereotipi di genere e per mettere alla prova la nostra capacità di guardare all’universo femminile come una galassia ricca e colorata in cui convivono tanti modi differenti di essere donna.

Attraverso un racconto quasi in “presa diretta” in cui si intersecano documentazione giornalistica e narrazione biografica ed utilizzando uno stile agile ed efficace in cui le immagini fotografiche si saldano ai blocchi di testo, le due autrici ci consegnano veri e propri spaccati di vita quotidiana e ci offrono un’immagine “reale” dell’essere donna nell’Italia di oggi.

Quanto mai interessante il repertorio di frasi e di foto dal sapore sessista sapientemente riportato, che rimanda a un modello culturale ancora duro a morire, incentrato sulla donna-bambola, così come il ricorso a una storia di vita che diventa emblema della contraddittorietà che investe la donna stessa: vittima e complice di un modello femminile forgiato da una cultura maschilista, da un lato; consapevole e determinato alfiere di libertà, dall’altro.

Altrettanto importante è il contributo che questo libro ci offre nel ricordarci quanta violenza ancora oggi la donna subisce non soltanto nelle forme più estreme – il riferimento è ai casi di femminicidio legati a retaggi culturali ancora da sradicare – ma anche e soprattutto quando non le viene riconosciuto il diritto di vivere in maniera piena e serena momenti di vita fondamentali. È il caso del parto, troppo spesso trasformato in un evento traumatico anziché risaltare come uno dei ricordi più belli per una donna. Le testimonianze raccolte sono un atto d’accusa contro il sistema ospedaliero ma soprattutto nei confronti di una società in cui la generazione di una vita viene considerato un fatto puramente quantitativo, svilendo e mortificando un momento vitale per l’identità femminile.

Da questo incisivo lavoro sull’immagine della donna, dunque, viene fuori un mosaico in cui molte tessere sembrano ancora fuori posto, come emerge anche dall’immagine che gli uomini intervistati hanno della donna e del femminismo, ma nello tempo si possono fortunatamente leggere segnali importanti di cambiamento nelle relazioni di genere.

In sintesi, possiamo dire che “Santa o sgualdrina” mette insieme tanti frammenti di una società in cui i germi del cambiamento piantati dalla cultura femminista hanno sicuramente prodotto alcuni frutti importanti ma che ancora oggi appare impregnata di retaggi duri a morire. Nel momento in cui la parola viene data agli uomini si misura il peso del processo di trasformazione in atto, in cui convivono pesanti residui del passato e orizzonti nuovi, improntati al dialogo e alla condivisione dei ruoli.

La narrazione, efficace anche grazie alle scelte grafiche e visive, è per stessa ammissione delle autrici un invito alla riflessione e al dialogo. E ci riescono benissimo: la loro è un’adesione piena a un progetto che si fonda sull’incontro di esperienze diverse e che suscita domande il cui sbocco non può che essere una maggiore consapevolezza del peso che hanno le scelte di ciascuno nell’ottica dell’ ”incontro”.

Mario Berardi